E' MEGL' NU PACC 'E IUSTELL...
...O NU IUSTELL MIEZ' 'E PACCHE.
non ero mai stato a berlino, e allò volevo capire come mai migliaia di giovani napoletani ritornano da là come se avessero visto la luce, o trovato finalmente la scritta hai vinto nella carta del gelato.
giunto lì a mezzanotte, entro in una stazione della metro assai lontana dal centro.
però in una votata e na girata capisco subito come funziona il sistema ferroviario berlinese.
sul tabellone indicano la linea, la direzione, e pure quanti millisecondi devi aspettare per il prossimo treno.
tutto questo anche in una stazione secondaria che potrebbe essere la nostra fermata vesuvio-de meis.
in un orario e in un giorno in cui da queste parti solitamente ti provano a scippare l'orologio pure mentre stai fumando affacciato al balcone.
salgo sul treno, e intimeno vedo decine di signore, gente anziana, e bambini.
a mezzanotte, di martedì.
c'è solo un tipo losco.
bell e buono egli apre bocca.
fratè, n'aifon cingue, ma arò 'o truov a cientcinquanteuro.
e il suo amico, con accento barese, gli dice ma scusa, ma non è che è bloccato.
e il napoletano gli dice sient, è arrubbato. ma stai sciolt, l'agg fatt sbloccà. n'aifon cingue, a cientcinquanteuro, ma arò 'o truov.
dopo questo teatrino - verissimo, giuro - mi avvio all'albergo ancor più convinto del fatto che il nostro principale prodotto d'esportazione, ovvero il magliaro, è ancora assai di moda.
l'indomani mi sveglio e inizio un tour estenuante, fatto di centoventidue cambi tra s-bahn e u-bahn, e altrettante berliner pils, una gradevolissima birra tedesca.
peccato che non possa dire lo stesso del cibo.
i tedeschi mangerebbero qualsiasi cosa, pur di non cibarsi della loro cucina tipica.
fatta di salsine che sembrano sperma colorato, e soprattutto salsicciotti e insaccati di qualsiasi tipo.
e se la tua cucina si basa su wurstel, e crauti che sembrano cipolle masticate e sputate, allò è chiaro che per te pure un ristorante vietnamita che fa la vera pita greca può essere la svolta della serata.
tra l'altro in germania la frutta e la verdura sbrilluccicano.
ortaggi coloratissimi e perfetti, struttura interamente in alluminio, laccata co vernice epossidica.
se però per te i cetrioli o l'insalata non sono solo un elemento d'arredo, e quindi vorresti ingerirli, capirai che lì nulla ha sapore - a meno che non decidi di spruzzare senape p tutt part.
giusto per restare ancora nei soliti luoghi comuni, che però ho ritrovato uno ad uno in questo mini-tour, per strada ho visto un esercito di automi.
essi guidavano bici, pigliavano tram, trasformavano la noia esistenziale in tranquillità.
madri che si confrontavano sui cortocircuiti elettrici capitati ai transistor dei propri figlioli.
pure i borderline sembravano assolutamente inseriti nel tessuto sociale berlinese, che non prevede più errori, colpi di testa, o sentimentalismi (a berlino, vedere una coppia che si abbraccia è comune quasi quanto scorgere una bottega di presepi).
nella mia sfacchinata da nord a sud-est, dal ghetto ebraico al campo di concentramento a trenta kilometri dal centro, ho acchiappato a un vecchio che parlava come kenny di southpark, che aveva deciso arbitrariamente di darmi indicazioni, e una vigorosa pacca sulla spalla in chiusura.
tante commesse chiatte col grembiule, che ridacchiavano come quando le commare fanno inciuci sulle corna del vicino.
programmatori del centro direzionale, che arrivati ad alexander platz cercavano le obliteratrici per timbrare il cartellino.
qualche ubriacone poco molesto, che a piazza garibaldi sarebbe guardato come un piscitiello di cannuccia.
grande assente, il fermento berlinese.
quello delle discoteche co la situazione berlinese.
quello dei locali dove il dj più scemo mette comunque na selezione berlinese.
quello della moda minimal-hipster e qualsiasi altra cosa nel nostro centro storico facciano passare per alternativismo.
l'architettura moderna mi ha colpito assai, un negozietto che serviva assenzio, qualche locale sulla riva del fiume - il tacheles ha chiuso, così come tante altre situazioni storicamente notevoli -, e poco altro.
l'impressione che ho avuto io è che nei giorni precedenti al week-end, berlino è ormai un enorme ospizio a cielo aperto, più vicina a monteporchiacco irpino che a una megalopoli, dove un'entità superiore sta sbariando per costruire un sistema di trasporti che rasenta la perfezione.
senza dubbio il weekend sarà il paradiso dei mangiati.
però sinceramente, berlino è bella ma non ci tornerei.
perchè non è manco bella, per me eh.
e ho capito pure perchè i tedeschi ci vogliono colonizzare a noi.
così da loro giocano coi trenini e si godono un paesaggio senza dislivelli fatto di monoblocchi di cemento, e da noi vengono a vedere che significa sopravvivere nei vicarielli, arrangiarsi in assenza di uno stato centrale, vivere la vita senza un minimo di programmazione, il mare, il caldo africano che ti dà alla testa, e i panorami di una città che tiene le case una sopra all'altra.
ieri so tornato a napoli.
ci ho messo venti minuti per capire dove fosse la fermata dell'alibus.
l'autista, direttamente dal posto guida, alluccava in capa ai turisti forza, chi adda avè 'o bigliett.
so arrivato in centro, e mi so mangiato na pizza al trianon coi pomodorini del piennolo.
essi erano brutti, scamazzati, co qualche pellecchia bruciacchiata.
ma ogni volta che mi mettevo un trancio in bocca, sentivo la voce di mio nonno che mi diceva mò 'e capit pecchè vulev murì ccà, nè strunz.
io mò nollosò se è giusto che chi nasce sotto al vesuvio è obbligato a camminare sempre co gli occhi spalancati.
non so neppure secondo quale legge noi non siamo padroni di prendere un treno di notte, o a dare la precedenza agli incroci a chi si votta prima.
però quando so tornato ho visto il fruttaiuolo co l'apecar parcheggiato ad angolo che stava acconciando le banane nel cartone.
il figlio gli dice abbuò pà, ma chest è tutt'ammaccata, nun s ten allerta, l'amma ittà.
e il fruttaiuolo strappa quella banana di mano al figliuol prodigo, si guarda attorno, e la infila nella cascetta, sotto a tutto.
ciao.
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