QUELLO CHE FATICA TRE MESI AL NORD.
E quando torna, inizia a parlare co quell'accento a fratello del biscotto.
quando avevo quindici anni, un mio amico bell e buono si traferì a parma.
tornò dopo tre mesi, e già parlava in emiliano stretto.
o meglio, non conosceva nemmanco un cazzo del lessico emiliano.
però aveva fatto sua in così poco tempo quell'insopportabile cadenza alla fabbiocannavaro, di quando andò a giocare al parma.
quando in tutte le interviste troncava senza scuorno verbi e parole, per sembrare più fine.
noi siam soddisfatti, penso sia inutil farla, son tranquillo, le occasioni più importanti le abbiam avute noi, beh, se il mister ce lo chiederà noi lo aiuterem, punterem alla vittoria, andiam, andiam, andiamo a lavorar, ecc.
non c'è niente di peggio di sta gente.
di quelli che stanno due giorni a milano e iniziano a dire cose tipo cagare, figo, oiii invece del nostro uè.
ma anche ciccio invece di cumpà, teso invece di sorellona, e via dicendo.
oppure quei cantautori di caivano, che per non far sentire la sssc napulegna, fanno la esse alla vasco rossi.
gente che ha sempre mangiato 'e purpett ca sarz rint 'e plattò re cincucient.
e bell e buono si credono che so diventati sofisticati, e iniziano a parlà come renato pozzetto in grandi magazzini.
quando dice ho scoperto che mi piace il pesssse.
bah.
vi manderei a ciapà i ratt.
ma io so più terra-terra.
e allò vi dedico un carnalissimo mapigliatoncul.
ciao.
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