tito lucrezio caro (caro lucrezio, per amici e clienti) scrisse il de rerum natura, uno dei poemi di riferimento per mia nonna.
la quale è nota per la sua proverbiale cazzimma.
(giusto per dirne una, ella una volta fece ritornare il fruttaiuolo alla sua puteca sotto a un acquazzone saggerato.
il fruttaiuolo di fiducia, che come ogni giorno le aveva gentilmente portato la spesa fino a casa, costretto a pigliarsi in testa tutta l'acqua del cielo, solo perchè mia nonna non gli volle prestare un ombrello, perchè disse
nono, kill sicuro nun m'o port aret.
ten a capa vacante.
na vot s scurdai pur 'e m purtà 'e percoche.)
lucrezio quindi scrisse sto poema, nel quale all'improvviso mette in mezzo una metafora calzante, il mare in tempesta.
praticamente parla di un saggio che vede dalla terraferma una nave che sta naufragando, e si ciacea che a lui invece non può succedere niente.
praticamente lucrezio descrive un saggio che è na scarda di cesso, uno che ti tira i piedi, che vuole che ti arricetti, basta che sta tranquillo lui.
bene.
se il saggio descritto da lucrezio ti sembra una brutta persona, allò che devi pensare di sta gente ccà ngopp, che non solo non è felice di stare al calduccio co la mano nella mutanda annanz a feisbuk, ma si lamenta pure.
e c'abboff'n 'e pall ra matin a sera che la temperatura è scesa di un grado e mezzo.
ma tu stai annanz 'a killu spaccett 'e computer ventiquattro ore su ventiquattro.
cioè non scendi da quando giocava alemao.
ma k t n fott a te ch tiemp fà for, nè sament.
ciao.
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